Una giornata storta, piccole beghe tra colleghi o scarsa sintonia con il diretto superiore. Alzi la mano chi non ha mai affrontato situazioni di questo genere sul lavoro. Il clima aziendale non è sempre disteso e cordiale, e se i ritmi sono particolarmente serrati, la giornata si conclude con una buona dose di stanchezza e nervosismo.
Lamentarti della tua giornata storta ti aiuta a sbollire? Bene ma non farlo sui social!
Telefona agli amici, sfogati con familiari o coinquilini, ma non scrivere post al vetriolo sui social. Un post offensivo verso la tua azienda rischia infatti di avere conseguenze spiacevoli, che prevedono sanzioni anche severe, fino al licenziamento, come stabilito dalla Cassazione civile, sez. lavoro, con sentenza a 27/04/2018 n° 10280 e confermato dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 27939/2021. Secondo la sentenza, la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l’uso di una bacheca social “integra un’ipotesi di diffamazione, per la potenziale capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, posto che il rapporto interpersonale, proprio per il mezzo utilizzato, assume un profilo allargato a un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione”.
Sei arrabbiato ma attento: parli male della tua azienda senza farne il nome
Questo non ti mette al riparo da conseguenze spiacevoli: i tuoi amici o i tuoi contatti social possono capire facilmente a chi sono rivolte le tue parole!
La Corte di Cassazione ha infatti rilevato che “sussiste una ipotesi di diffamazione tutte le volte in cui la diffusione di un messaggio dai contenuti offensivi, consenta la circolazione dello stesso tra un gruppo allargato di persone e sia facilmente identificabile il destinatario delle offese.”
Parli male della tua azienda su una chat condivisa con amici o colleghi?
Stai rischiando meno. I Giudici della Suprema Corte escludono in questi casi la legittimità del licenziamento per giusta causa. L’invio di messaggi in una chat chiusa ed inaccessibile ad un pubblico indeterminato risulta essere incompatibile con la diffamazione, che prevede una divulgazione socialmente ampia.
Il Tribunale di Firenze, pronunciandosi a tal proposito con Sentenza il 16 ottobre 2019, ha equiparato i messaggi indirizzati in chat chiuse, vocali o scritti, alla corrispondenza privata. Questa equiparazione considera i messaggi in chat chiuse non lesivi della dignità o dell’onore della persona a cui sono riferiti e non sono motivo di licenziamento per giusta causa.
Hai usato social e chat per lamentarti del tuo lavoro senza conseguenze?
Sei stato fortunato: nessuno ci ha fatto caso o il tuo capo ha lasciato correre.
Se gli episodi spiacevoli si susseguono a ritmo insostenibile, ignora i social, mantieni i nervi saldi e mettiti alla ricerca di un nuovo lavoro! L’occasione giusta potrebbe trovarsi a portata di mano accedendo da qualunque dispositivo alla Fiera Digitale del Lavoro promossa da CVing.
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