Il mondo del lavoro è in trasformazione: i moderni processi di selezione del personale si avvalgono di strumenti tecnologici sempre più innovativi come i video colloqui in differita proposti da CVing, il lavoro agile si impone come nuovo modello organizzativo, la produttività viene preservata anche senza contatto fisico tra le persone, eppure il mobbing sul posto di lavoro sembra un fenomeno destinato a durare. Nell’era del lavoro a distanza si parla infatti di smart mobbing, un’evoluzione capace di convivere con le nuove consuetudini e la nuova routine dei lavoratori.
Cos’è il mobbing e come si manifesta nella sua nuova veste “smart”?
Vessazioni, attacchi verbali e fisici, molestie reiterate, demansionamenti immotivati: questi sono alcuni degli odiosi atteggiamenti che riconosciamo come mobbing.
Nell’era del lavoro agile, questi si traducono in esclusione della vittima dalle chat aziendali e dalle video riunioni, nell’invio incontrollato di disposizioni via mail oltre l’orario di lavoro, nell’assegnazione di compiti squalificanti e ripetitivi, nell’invio di messaggi che costringono il lavoratore a rimanere sempre in connessione.
Il mobbing in ufficio, così come lo smart mobbing, ha lo scopo di allontanare la vittima e di isolarla attraverso l’esclusione dai processi aziendali.
Il lavoratore vittima di smart mobbing non ottiene, a differenza dei colleghi, strumenti tecnologici adeguati e non riceve tutte le informazioni necessarie al corretto svolgimento delle mansioni assegnate.
Il mobber non è sempre il capo
Il mobbing posto in essere da un capo o da un dirigente con sistematici abusi di potere e atteggiamenti denigratori reiterati, è solo una delle manifestazioni del fenomeno.
Il mobbing può tradursi infatti anche in atteggiamenti di discriminazione ed esclusione da parte di colleghi con pari ruolo (mobbing orizzontale) o in un calcolato rifiuto a svolgere correttamente i lavori assegnati da un superiore del quale non si intende riconoscere l’autorità (mobbing dal basso).
Superare il problema: a chi rivolgersi
Gli “sportelli mobbing” aperti in diverse città dalle Organizzazioni Sindacali o dai Comuni rappresentano il primo punto di riferimento per ricevere ascolto, consulenza e orientamento nella successiva scelta di un legale.
Superare il problema è possibile, raccogliendo e fornendo il maggior numero di prove disponibili in qualunque forma: documenti, messaggi, registrazioni, e-mail, foto. Nel caso in cui i comportamenti subiti siano penalmente rilevanti, si sporgerà denuncia alle Forze dell’ordine avviando le necessarie indagini.
La molestia sul lavoro non è più soltanto fisica
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha esteso, attraverso la Convenzione Oil n.190, la definizione di molestia sul lavoro a tutti i comportamenti che provocano, o mirano a provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici.
Nella definizione più ampia di molestia rientrano ora l’abuso fisico, l’abuso verbale e l’abuso digitale, compiuti non più soltanto in ufficio ma in qualunque luogo vengano svolte attività correlate come ad esempio i viaggi di lavoro.
Nella Convenzione n.190, la cui ratifica è stata recentemente approvata dal Senato, viene garantita tutela a tutti gli individui senza distinzione di genere e indipendentemente dal tipo di contratto che regola i rapporti di lavoro, includendo il personale volontario, gli stagisti, i tirocinanti, coloro che frequentano corsi di formazione o di apprendistato, persone alla ricerca di lavoro e coloro che hanno un contratto di lavoro terminato.
Un importante passo avanti nella costruzione di un futuro lavorativo libero da ogni forma di violenza.